Taormina, il Comitato dei Genitori del CCPM chiede ispezione ministeriale
- redazioneilgazzett
- 7 ott
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"Dubbi sui dati della Regione, preoccupati per il futuro della cardiochirurgia pediatrica in Sicilia"

Il Comitato dei Genitori del Centro di Cardiochirurgia Pediatrica del Mediterraneo (CCPM) di Taormina lancia un appello urgente al Ministero della Salute: venga disposta un’ispezione ministeriale per verificare l’attendibilità dei dati ufficiali relativi all’attività del reparto, attualmente in funzione presso l’ospedale San Vincenzo.
Nella PEC inviata al ministro Orazio Schillaci, i genitori manifestano una forte preoccupazione per le prospettive future della cardiochirurgia pediatrica in Sicilia, denunciando possibili incongruenze nei dati forniti dalla Regione Siciliana nell’ambito della definizione della nuova rete ospedaliera.
In particolare, viene richiesto che l’ispezione riguardi sia il CCPM, che opera in convenzione con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, sia il Centro di Cardiochirurgia di Palermo, attualmente gestito dal Policlinico San Donato Milanese presso l’Arnas Civico.
Il comitato sottolinea come la verifica si renda necessaria per «accertare la veridicità e la completezza delle informazioni contenute nei documenti regionali, in quanto utilizzati per determinare il futuro assetto sanitario della regione».
A sostegno della richiesta, viene ricordato un precedente episodio del 2016, quando un report inviato al Ministero indicava, in modo clamorosamente errato, che nel 2015 il CCPM avesse dimesso solo tre pazienti. In realtà, secondo i dati ufficiali forniti all’epoca da ASP e medici, i casi trattati furono circa 560. Un'enorme discrepanza che venne poi definita una «documentazione diametralmente opposta» alla realtà.
Fu l’allora ministro Beatrice Lorenzin a effettuare personalmente una visita al reparto, verificando l’effettiva attività del Centro e contribuendo così a evitare la sua chiusura.
«Temiamo che oggi si stia ripresentando una situazione analoga – scrive il Comitato –. Se così fosse, si rischia di compromettere gravemente il diritto alla salute dei bambini siciliani e delle loro famiglie, minando l’accesso a cure specialistiche nel territorio regionale».



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