top of page

Addio a Giorgio Forattini, maestro della satira: se ne va a 94 anni chi ha raccontato 50 anni d’Italia con le sue vignette

  • redazioneilgazzett
  • 4 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

ree

Giorgio Forattini è scomparso oggi a Milano all’età di 94 anni. Nato a Roma il 14 marzo 1931, è stato per oltre mezzo secolo il più celebre e irriverente vignettista politico italiano. Con oltre 14 mila vignette, ha costruito un vero e proprio mosaico della storia repubblicana, graffiando presidenti della Repubblica, papi, leader politici e capi di Stato stranieri, raccontando con la sua satira le grandi tragedie nazionali, il terrorismo, le stragi di mafia e l’epoca di Mani Pulite.

«Il principio della libertà e del divertimento» era, come amava dire, la sua regola d’oro. Una libertà che spesso gli costò polemiche e inimicizie: “Ho fatto arrabbiare tante persone”, riconosceva con ironia.

Forattini trasformò la politica italiana in una gigantesca commedia umana: Andreotti diventava il multiforme, Craxi un Duce in camicia nera e stivaloni, D’Alema un Hitler comunista, Berlinguer un borghese in vestaglia mentre fuori gli operai scioperano. E ancora: De Mita con la coppola, Veltroni bruco, Buttiglione gorilla, Bossi nei panni di Alberto da Giussano, Prodi curato di campagna. Nessuno fu risparmiato.

A pagare per la sua statura fu Fanfani, ma Forattini ricordava con affetto le vignette su Spadolini, “nudo, innocente come un putto”. Alla satira pungente alternava momenti di malinconia e profondità: come nella vignetta dedicata a Leon Klinghoffer, il turista americano disabile ucciso durante il sequestro dell’Achille Lauro, o nella celebre immagine della Sicilia-coccodrillo che piange dopo la morte di Giovanni Falcone.

«La mia più grande soddisfazione – diceva – è di aver lavorato sempre con coraggio e indipendenza, senza mai piegare la testa di fronte agli attacchi».

Un percorso professionale che ne testimonia l’autonomia: dagli esordi come grafico a Paese Sera e Panorama, all’approdo a la Repubblica e L’Espresso, quindi di nuovo Panorama, La Stampa e Il Giornale, da cui uscì dopo le polemiche per una vignetta sul Cavaliere in mutande. Negli ultimi anni aveva collaborato con i quotidiani del Gruppo Riffeser.

Con lui scompare non solo un grande disegnatore, ma un testimone impietoso e libero di mezzo secolo di storia italiana.

Commenti


bottom of page