Zafferano di Enna, l'“oro rosso” che arricchisce il Piacentinu Dop
- redazioneilgazzett
- 4 ott
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Prodotto in quantità limitate, è l’ingrediente chiave del celebre formaggio siciliano

Viene chiamato "oro rosso di Sicilia", ed è il cuore aromatico di una delle eccellenze casearie dell’isola: lo zafferano di Enna, coltivato sulle colline dell'entroterra, dove clima e suolo calcareo donano alla spezia un profilo unico.
Questo zafferano è l’ingrediente essenziale del Piacentinu Ennese Dop, formaggio di latte ovino intero, prodotto secondo disciplinare con l’aggiunta di zafferano locale e grani di pepe nero. Il suo colore giallo intenso e il gusto lievemente piccante lo rendono inconfondibile.
Secondo la leggenda, fu Ruggero il Normanno a volere un formaggio speciale per aiutare la moglie Adelasia, afflitta da depressione. Lo zafferano, noto da secoli per le sue proprietà stimolanti, venne così unito al latte per dar vita a un alimento “dalle virtù rivitalizzanti”.
Oggi, la produzione è portata avanti dalla cooperativa "Oro Rosso di Sicilia", composta da dieci soci, affiancati da una quindicina di piccoli produttori locali. Insieme, soddisfano il fabbisogno dei sei caseifici dell’ennese che realizzano il Piacentinu.
«Ogni anno raccogliamo tra i 4 e i 5 chili di zafferano – spiega Nino D’Angelo, presidente della cooperativa –. Per ottenere un solo grammo servono circa 140 fiori, raccolti a novembre, all’alba, prima che si aprano. Il lavoro è tutto manuale: si estraggono a mano pistilli e stigmi, le parti aromatiche rosso vivo». Il prezzo? Fino a 25 euro al grammo, utilizzato quasi interamente dai caseifici della zona.
La raccolta dura circa un mese. Servono 140.000 fiori per ottenere un chilo di prodotto. Da 70 fiori si ricavano circa 210 stigmi, pari a mezzo grammo. Il ciclo produttivo comprende anche le fasi di mondatura e di essiccazione a basse temperature, tutte manuali.
Negli anni scorsi, lo zafferano ha avuto anche un ruolo riabilitativo: un piccolo campo sperimentale era stato realizzato all’interno del carcere di Enna. Il progetto, che aveva dato buoni risultati, è poi stato interrotto. «Avevamo detenuti con competenze agricole – ricorda Maria Elena D’Amore, responsabile del trattamento al carcere Luigi Bodenza – ma oggi, con la cronica mancanza di personale, è difficile pensare di riprenderlo».



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